CARACAS - “La guerriglia colombiana e gruppi paramilitari si sono appropriati, negli ultimi anni, di ampi spazi del territorio venezuelano. E sono responsabili dell’incremento della criminalità, che spesso avviene sotto lo sguardo indifferente o complice delle autorità. Membri dell’“Esercito di Liberazione Nazionale” (ELN) e delle “Forze Armate Rivoluzionarie” (Farc) della Colombia, il “Fronte per la Liberazione Nazionale” (FPLN) venezuelano, e le bande paramilitari sono in guerra per il controllo del territorio e delle ricche miniere che abbondano nelle regione limitrofe e rurali. Si tratta di gruppi armati che, secondo analisti, fanno comodo a Maduro avere “in casa” per difendersi da eventuali o presunti tali, attacchi ordinati da Bogotá o dall’“Imperialismo” statunitense”. Così scrive Roberto Romanelli su “La voce d’Italia”, quotidiano online di Caracas diretto da Mauro Bafile. “Prima e dopo Chávez La giornalista ed analista di “Infobae”, Sebastiana Barraez, spiega così l’evoluzione della presenza della guerrigliera nel paese negli ultimi decenni: “La presenza della guerriglia in Venezuela, prima del governo del presidente Hugo Chávez, si limitava alla frontiera. Qui sequestravano allevatori e uomini d’affari ed esigevano lauti riscatti. La situazione cambia drasticamente quando Chávez assume il potere (1999), per la sua simpatia verso la guerriglia. Allora si sancisce un accordo tacito: le Farc smettono di sequestrare ed in cambio si permette loro di metter su campamenti, di insediarsi nei territori e di agire indisturbati. Cioè, senza che le Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB) intervenissero Seuxis Pausias Hernández, alias Jesús Santrich, fotografato nel quartiere popolare ” 23 de Enero” di Caracas. Lo protegge il “collettivo” chavista “La piedrita”. La guerriglia comincia così ad interagire con la popolazione, in eventi, reti comunali e sociali. Si trasformano in una sorte di autorità parallela. La loro presenza incuriosisce i bambini e i giovani. Hanno le armi, che è sinonimo di potere. Così hanno allargato il loro raggio d’azione nel paese”. Stando a quanto afferma Barraez, oggigiorno Farc, ELN, FPLN e gruppi paramilitari sono protagonisti di una vera e propria guerra per il controllo del territorio negli stati Zulia, Táchira, Apure, Amazona, Bolivar, Guarico. “Questi gruppi armati hanno offrono servizi ai narcotrafficanti ed esercitano il controllo del territorio. Ad esempio, il Catatumbo, Caño 14 (zone dello Zulia) sono controllati dall’ELN o dai paramilitari che hanno allontanato e sostituito i proprietari di tenute agricole”. E commenta: “In Apure la guerra è tra l’ELN e le Farc. L’esercito venezolano recentemente ha attaccato le Farc. Ha preso d’assalto qualche campamento e ucciso alcuni guerriglieri”. L’esperta in tema militare aggiunge che l’ultimo attacco, quello contro 6 campamenti guerriglieri, e il conseguente arresto di 32 ribelli è stato un b blitz dell’esercito venezolano contro la fazione delle Farc che comanda “Gentil Duarte”, rivale dei leader Jesús Santrich e Iván Márquez. Si presume che quest’ultimi ricevano aiuti dal presidente Maduro. Guerriglia attiva La Ong “Fundación Redes” ha informato della presenza “di 10 fronti dell’ELN e 9 fronti delle Farc in 20 regioni del paese”. Sono assai attivi nell’ambito dell’estrazione dell’oro, del coltan, dei diamanti, e nel traffico di stupefacenti. Inoltre, contrabbandano alimenti e carburante, si dedicano alla tratta di persone e si occupano di tante altre attività illecite. “Nel 2018 la guerriglia cominciò ad assumere il controllo delle miniere e del narcotraffico nello stato Bolivar. Ora ne sono padroni in assoluto. Sono tante le vie che, attraverso gli Stati Guarico, Apure e Táchira fino a Colombia permettono la legalizzazione dell’oro venezolano”, precisa Javier Tarazona, direttore di Fundaredes in video postate sul sito web. Nel caso delle mine nello Stato Bolivar, Barraez racconta che i minatori brasiliani che sfruttavano i giacimenti in maniera autonoma hanno chiesto l’aiuto di gruppi armati denominati “sindicatos”. Questi sono stati attaccati dal ELN, col sostegno dell’esercito venezolano. Le mine, ora, sono sotto il loro controllo Secondo quanto reso noto questa settimana da Fundaredes, nel 2020 sono stati 555 gli scontri a fuoco tra guerriglieri, paramilitari, bande criminali e l’esercito, che si disputano il controllo del territorio in sei regioni di frontiera. Il bilancio è stato di 800 morti. “Un spetto comune negli Stati Bolivar, Zulia e Táchira, quelli di frontiera più estesi, è la presenza e la crescita dell’ELN”. Stando a quanto informato dal generale colombiano Luis Fernando Navarro al quotidiano “El Tiempo” di Bogotá, la somma dei dissidenti delle Farc con i guerriglieri del Eln sarebbe di circa 5000 combattenti. Di questi, 1.400 si nasconderebbero in Venezuela. Reclutamento Nel 2019, in un documento consegnato alla Cancelleria della Colombia a Bogotá, Fundaredes ha denunciato le presunte attività dell’ELN, delle Farc e delle FBL in Venezuela. E denunciato, tra l’altro, il reclutamento e addottrinamento di bambini e giovani nel loro file. “Abbiamo potuto verificare – ha detto Tarazona – che si tratta di reclutamento forzato, anche se oggi pare più volontario. Lo si fa mediante la consegna di regali nelle scuole. Questo, con la crisi umanitaria che soffrono i venezolani, é un eccellente incentivo. É una situazione preoccupante e perversa perché colpisce la popolazione più vulnerabile”. Un militare, ora in funzioni amministrative, citato da Infobae commenta che il lavoro di reclutamento può considerarsi quasi “una compera di giovani”. A volte, afferma anche il militare, si cerca “di innamorare le ragazze e così utilizzarle. In realtà, sono quasi bambine”. Tracce e testimonianze Le tracce della presenza della guerriglia nel paese è avvalorata dalle molteplici testimonianze e racconti raccolti nei villaggi e nelle città delle regioni limitrofe, pubblicati da “Infobae” e “Fundaredes”. “Tutti ci dedicavamo a coltivare la terra e ad allevare bestiame. Da qualche anno i giovani hanno dovuto intraprendere un’altra strada. Colombiani armati e con stivali di gomma si sono impadroniti della nostra terra”, narra un contadino nello Zulia. Un altro contadino afferma di aver abbandonato la povera proprietà familiare. “Mi nego a stare sotto la tutela dei guerriglieri o dei paramilitari. Non esiste garanzia che rispettino quello che a noi costa tanta fatica produrre”. Alla domanda perché non si sia rivolto all’esercito o alla Guardia Nazionale, il testimone ha risposto: “È inutile. E poi è più pericoloso ricevere la tutela dei nostri militari nostri che quella della guerriglia o dei paracos (paramilitari colombiani - nda)”. Una fonte militare riportata da “Infobae” fa capire quanto sia forte la connivenza o almeno l’ambiguità delle autorità di fronte alla presenza dei ribelli colombiani. “In tutti i posti di guardia di frontiera esistono, o almeno esistevano fino a quando io sono stato in Apure – riferisce -, mappe con le posizioni dei gruppi che occupano l’area dove risiede il comando, compresi i nomi dei comandanti guerriglieri, i loro numeri di telefono e dei loro contatti. É umiliante la tolleranza che bisogna avere, pur sapendo dove sono questi gruppi. Sono formati in maggioranza da colombiani che si sono impossessati da anni del territorio. Prima con la minaccia delle armi e oggi con il potere del denaro”. Ci sono poi altri elementi che confermano la presenza della guerriglia nel Paese. Ad esempio, la recente morte del guerrigliero dell’ELN Arley de Jesús Castro Betancourt (non informato ufficialmente) avvenuta durante uno scontro a fuoco con i militari nello Stato Apure. Oppure, la cattura del comandante del “Frente Domingo Laín” dell’ELN, Luis Felipe Ortega Bernal, alias “Garganta” (Gola), poi rilasciato dai tribunali. Altro elemento a conferma della presenza della guerriglia è il video pubblicato dal quotidiano “El Tiempo” di Bogotá nello scorso febbraio. Il video mostra un vecchio combattente dell’ELN, Álvaro Díaz Tarazona, alias “Edward”, giurare fedeltà al presidente Maduro. Il ribelle, che pare sia in possesso di carta d’identità venezolana, afferma che si trova nel paese “per stabilire un collegamento con il governo”. Poi assicura che “quando Maduro consideri opportuno che la guerriglia debba andar via dal Venezuela, bene, se ne andrà”. Sempre piú vicini “La guerriglia colombiana, nello specifico quella dell’ELN – riferisce Barraez -, avanza all’interno del territorio e permea gli Stati occidentali e centrali di Cojedes, Guarico, Barinas e le aree rurali di Merida e Lara. Inoltre, è stata segnalata la presenza di guerriglieri lungo l’ Orinoco, in zone prima controllate dagli indigeni. Insomma, una gran parte del territorio è occupato dalla guerriglia”. Testimonianze raccolte da “Infoabe” indicano che in alcuni villaggi dello Stato Táchira, come Los Ríos, Las Flores o Palmarito, da tempo l’Eln svolge attività di spionaggio, “trasformando in loro informanti gente del posto”. C’è chi assicura che i militari “non possiamo entrare senza il permesso dell’ELN”. Farlo potrebbe rappresentare la morte. L’esperta in tema militari non ha potuto verificare l’attività della guerriglia nella capitale, “al di là della presenza di alcuni capi guerriglieri vincolati con dirigente politici che vivono a Caracas e che pare si riuniscano soprattutto nell’Hotel El Alba”. Dal canto suo, Fundaredes denuncia che questi gruppi armati realizzano riunioni e attività di carattere ideologico in spazi pubblici e culturali. Ad esempio, puntualizza Tarazona, “nella Casa de la Cultura de Santa Cruz del Estado Aragua, nei Municipi Catatumbo y Jesús María Semprún dello Stato Zulia, nel Municipio Páez nello Stato Apure, nell’Universitá Rómulo Gallegos nello Stato Guárico, nell’Universitá Politécnica di Valencia nello Stato Carabobo ed in alberghi della capitale”. In Venezuela In un reportage pubblicato a febbraio, la rivista colombiana “Semana” mostra immagini di presunti campamenti, capi dissidenti delle Farc e collaboratori in Venezuela, tra cui Luciano Marín, alias “Iván Márquez”, capo negoziatore dell’“Accordo di Pace” con le FARC firmato nel 2016; Hernán Darío Velásquez, alias “El Paisa”; Seuxis Paucias Hernández, alias “Jesús Santrich”; ed Henry Castellanos Garzón, alias “Romaña”. Tutti loro integranti del “Frente Seconda Marquetalia”. “I dissidenti delle Farc circolano liberamente nel paese, confondendosi con la popolazione i nelle aree rurali e urbane, come la città di Elorza (Apure). Qui, sostiene la rivista “Semana”, “vive Márquez in un condominio protetto dal regime di Nicolás Maduro”. Già nel 2019, il leader dell’Opposizione, Juan Guaidó, denunciava la presenza dei capi delle Farc dissidenti nel paese. “Santricvh e Márquez sono in Venezuela. E non solo sono protetti, ma anche finanziati” – ha riferito nel corso di una intervista a “La FM” di Colombia. Il governo populista di Maduro, così come quello di Chávez, non hanno mai fatto segreto della loro simpatia verso i ribelli colombiani. Tant’è così che il regime venezolano fu scelto dalle Farc come “accompagnatore” del processo per l’Accordo di pace di Colombia del 2016. La Carta d’identitá venezolana del comandante dell’ELN alias “Garganta” arrestato e rilasciato dalle autorità del Venezuela. Per Maduro le recenti e crescenti denunce sulla presenza dei ribelli armati colombiani nel paese è notizia vecchia. Una bufala, insomma. “Adesso ripetono il “refrito” (notizia vecchia) marcio della presenza di gruppi armati, dei resti di quello che resta della guerriglia colombiana in territorio venezolano – ha detto pochi giorni fa il presidente Maduro -. Noi abbiamo risposto con la verità Piattaforma rivoluzionaria? Ma se il presidente Maduro minimizza la presenza della guerriglia, il presidente colombiano Iván Duque denuncia che i dissidenti delle Farc hanno trovato rifugio nel paese e preparano attacchi terroristici contro il suo governo. Altri esperti considerano che Maduro è interessato nel mantenere nel paese gruppi armati alleati che possano agire come una “prima linea di difesa” del territorio contro un eventuale attacco della Colombia o dell’“Impero” americano verso la “rivoluzione”. La rivista “Semana” di febbraio cita un documento titolato “Piano di Contingenza nella frontiera” che avrebbero accordato l’ELN e Maduro per mutua difesa. Si enumerano una lista di azioni da intraprendere in caso di attacco come “minare sentieri e vie tra Colombia e Venezuela, attaccare piste aeree, interrompere il flusso di energia elettrica e ogni tipo di comunicazione”. “Si tratta di una strategia che ha scelto il Venezuela come teatro di operazione affinché il movimento continentale bolivariano possa avere una piattaforma – sostiene Tarazona -. Da lì si sta finanziando tutta la sinistra del continente. Credo – conclude – che Chávez sia morto desiderando l’unione della guerriglia. Pare ci sia riuscito Maduro, offrendogli casa, sicurezza e custodia”, conclude”. (aise)
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