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CONFSAL UNSA ESTERI: TUTELARE LA SALUTE DEL PERSONALE MAECI IN BRASILE



ROMA - Il Parlamento dovrebbe abrogare la norma che prevede che la presenza in ufficio nelle sedi estere della Farnesina sia vincolata alle disposizioni delle autorità sanitarie locali. È quanto sostiene il Coordinamento Esteri del sindacato Confsal Unsa che, in una nota, si fa portavoce delle difficoltà che vive il personale consolare in Brasile. “Si rincorrono alla televisione immagini drammatiche della situazione causata in Brasile dal Covid e collegata essenzialmente alla volontà del Presidente Jair Bolsonaro di indurre l’immunità di gregge, astenendosi dall’intervenire sulla salute pubblica brasiliana mediante misure sanitarie atte a contenere il contagio nella popolazione”, riporta il sindacato. “Il presidente pare infatti aver pianificato l'immunità di gregge contro il coronavirus, esponendosi addirittura al rischio di provocare la morte - si ipotizza - di circa un milione di persone. Recentemente sono state denunciate le autorità federali brasiliane davanti alla Corte suprema quali responsabili della mancanza di vaccini anti Covid-19. Secondo gli esperti, l'unico modo di mitigare il contagio sarebbe quello di decretare un "lockdown totale, per 10 o 15 giorni, in cui nessuno circoli per strada”". “In un contesto sanitario simile, dunque, in totale spregio della salute pubblica – denuncia la Confsal Unsa Esteri – va inserito l’articolo di legge tutto italiano n. 263 del dl rilancio, che al comma 4 vincola, presso le nostre Sedi estere, la presenza in ufficio alle disposizioni delle autorità sanitarie locali, attuando così una sorta di "cessione di sovranità" da parte del nostro Paese su tematiche delicate e sensibili come la sicurezza sanitaria dei lavoratori dello Stato, quindi dei propri cittadini, nel bel mezzo di una pandemia globale. Su questo provvedimento legislativo ampiamente applicato all’estero dalla Farnesina, la CONFSAL UNSA ha chiesto al Parlamento un intervento immediato atto a rimuovere i limiti applicativi introdotti nelle modalità previste dal piano per il lavoro agile presso le sedi estere del MAECI, tanto più che, presso la Sede centrale, la percentuale di fruizione dello smartworking si attesta sull’80% e in modo del tutto trasversale, coinvolgendo tutti i dipendenti in servizio a Roma. Il numero di contagi in Italia non è certamente paragonabile a quello brasiliano o di altri paesi”. Il sindacato “chiede, pertanto, a tutela di tutti i dipendenti all’estero del MAECI, che il Parlamento abroghi completamente il comma controverso. Ciò – conclude la nota – consentirebbe l’automatica applicazione della normativa vigente in materia di lavoro agile nella PA anche all’estero, a tutela della salute di tutti i lavoratori della Farnesina a Roma e oltreconfine”. (aise)



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