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I PATRONATI SOSTENUTI DAI SINDACATI CONFEDERALI ALL’ASSALTO DEI SERVIZI E DEGLI INTROITI CONSOLARI


A RISCHIO GRAVE DI ULTERIORE PEGGIORAMENTO LA QUALITA' DEI SERVIZI E DI PRIVACY DI DATI SENSIBILI PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

FLP Affari Esteri

È noto che l’insufficienza e la carenza di servizi consolari sperimentati dai connazionali che si trovano per qualunque motivo all’estero dipendono innanzitutto dalla dissennata riduzione della rete consolare operata dal Ministero degli Esteri che ha portato alla chiusura di almeno 44 consolati di carriera dal 2006 ad oggi nonostante il numero degli italiani iscritti nei registri consolari sia cresciuto in tale periodo considerevolmente toccando, alla fine del 2016, il record di 5.383.199.

A tali decurtazioni fatte in dispregio delle reali esigenze delle comunità italiane all’estero si aggiunge lo squilibrio di presenze di funzionari e impiegati, che nel 2016 raggiungevano 1.531 addetti agli Uffici consolari, in pratica meno di un terzo delle 4.939 unità di personale complessivamente in servizio nella rete diplomatico-consolare a fine 2016. (Dati ricavati dall’Annuario statistico 2017.)

Invece di battersi per un nuovo piano di potenziamento degli uffici consolari che preveda nuove aperture di uffici e, più in generale, per la ripresa dei concorsi pubblici a tutti i livelli operativi e professionali utili con cui potenziare con energie fresche e preparate tali uffici, ma, al contrario, adottando la logica della privatizzazione dei servizi consolari, i deputati del Partito Democratico eletti all’estero, provenienti dai ranghi dei più noti patronati, On. Laura Garavini (ex funzionaria Ital–Uil Germania), On. Fabio Porta (Ital–Uil Brasile), On. Marco Fedi (Inca–Cgil Australia) e On. Gianni Farina (Inca–Cgil Francia) hanno recentemente avanzato la proposta di affidare proprio ai patronati, previa una convenzione con il Ministero degli Esteri, il disbrigo di tutte le pratiche che non possono più essere eseguite dagli Uffici consolari che sono stati soppressi.

Se la predetta proposta fosse accolta si addiverrebbe, in definitiva, ad un accordo tra la Farnesina, con il beneplacito del Ministero dell’Economia, e i sindacati confederali in base al quale i patronati aggiungerebbero all’incasso di milioni di euro (!) tratti dal fondo del Ministero del Lavoro per le pratiche pensionistiche - il cui ingiustificato incremento è tuttora sotto esame per sospetto gonfiamento artificiale - una rilevante quota dei diritti consolari che ogni utente deve pagare su ogni atto consolare ottenuto: questi introiti verrebbero ripartiti tra patronati e Ministero degli Esteri e/o dell’Economia. A fronte di questi considerevoli guadagni che si riverserebbero nelle loro casse, i patronati beneficiari, i sindacati confederali che li controllano, e il partito che li sponsorizza, per contropartita, darebbero il via libera ai futuri piani di distorte ristrutturazioni della rete diplomatico-consolare, che potrebbero passare senza proteste né agitazioni se non di qualche irriducibile sindacato che ama la legalità.

Noi ci auguriamo che detta proposta venga accantonata innanzitutto perché violerebbe troppe norme, valori, principi e prassi che si ritrovano nel diritto internazionale (si vedano al riguardo le disposizioni della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963 che non prevedono intermediari privati tra cittadini all’estero e i loro consolati, i quali peraltro devono essere tassativamente governativi).

La stessa proposta violerebbe inoltre la specifica normativa italiana sulle funzioni consolari: a quest’ultimo proposito segnaliamo che anche l’art.11 della L. 152/2001 sui patronati, dal titolo Attività di supporto alle autorità diplomatiche e consolari italiane all’estero, pone un preciso e insormontabile limite alle possibilità di collaborazione dei patronati con Ambasciate e Consolati, prevedendo che: «Gli istituti di patronato e di assistenza sociale possono svolgere, sulla base di apposite convenzioni con il Ministero degli affari esteri, attività di supporto alle autorità diplomatiche e consolari italiane all’estero, nello svolgimento di servizi non demandati per legge all’esclusiva competenza delle predette autorità».

Tale esclusiva competenza per determinati, delicati servizi trova fondamento, fra l’altro, nel dovere che, a differenza degli addetti dei patronati, che sono operatori privati, i dipendenti pubblici dei Consolati hanno all’assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni di cui vengono in possesso nell’esercizio dei loro compiti e nella possibilità che essi siano sottoposti a procedimenti disciplinari fino al licenziamento nel caso violino tale obbligo. Quindi, un’eventuale Convenzione dovrebbe avere una portata limitata all’ambito previdenziale e non sconfinare in materie come la cittadinanza, i visti, i passaporti, l’AIRE e il voto all’estero.

Inoltre, sul piano politico e morale, l’approvazione di detta proposta sarebbe una distorsione del ruolo fondamentale degli stessi sindacati, che, forse alcuni dei loro dirigenti l’hanno dimenticato, esistono per tutelare e promuovere i diritti e gli interessi dei lavoratori e non per fare affari.

Queste mene di tipo mercantile sono, infatti, condotte dai maggiori patronati senza curarsi del danno che la loro proposta arrecherebbe ai lavoratori del Ministero degli Esteri che stanno invece lottando per la riapertura dei Consolati chiusi e per il recupero dei posti di lavoro perduti.

Ci opporremo perciò a questo palese intrallazzo di sostituire ai Consolati pubblici organizzazioni private il cui unico scopo sarebbe quello di procurare fondi, adesioni e voti ai sindacati e ai partiti ai quali ogni patronato fa riferimento con la complicità di un Governo dedito ad agevolare interessi particolari e non quelli del Paese e con la compiacenza dell’Amministrazione degli Esteri guidata da dirigenti disposti a cedere competenze in cambio di sostegni alla carriera.

Questa è la nostra posizione sulla questione e questa è la nostra conclusione a seguito dell’incontro svoltosi al Ministero il 3 ottobre scorso tra il Sottosegretario Amendola, il neo Direttore Generale degli Italiani all’estero, Luigi Vignali, i succitati parlamentari “esteri” del PD e i rappresentanti dei patronati. Nella riunione, infatti, si è svolto uno stucchevole scambio di amorosi sensi tra Governo e Amministrazione degli Esteri, da una parte e patronati dall’altra, con particolare protagonismo dell’INAS.

Con l’occasione è stata messa in scena la commedia dei prodigiosi vantaggi che possono derivare ai connazionali all’estero da una più stretta collaborazione dei patronati con i consolati che abbracci praticamente tutti i campi, compresi quelli delicatissimi ma lucrosi del rilascio dei visti e del riconoscimento delle cittadinanze nei quali si sono verificati e continuano a verificarsi clamorosi scandali per traffici illeciti proprio per l’eccessiva ingerenza di interessi privati.

Fortunatamente nella nostra opposizione a tale svendita di funzioni tradizionali dello Stato e in particolare del Ministero degli Esteri siamo in buona compagnia.

Del resto, anche altre organizzazioni sindacali hanno già manifestato una ferma contrarietà a tali sciagurati propositi.

Daremo pertanto il nostro fattivo contributo perché questo spregiudicato tentativo di colpo di mano pre-elettorale del Partito Democratico a danno dei lavoratori e degli utenti del MAECI non passi.

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