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IL CGIE RICHIAMA IL GOVERNO SULLE POLITICHE PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO



ROMA - Una rinnovata attenzione alle politiche per gli italiani all’estero. A chiederla, ancora una volta, è il Consiglio generale per gli italiani all’estero. A pochi giorni dal primo incontro con il sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, a cui sono state assegnate le deleghe per gli italiani all’estero e quelle per la promozione della lingua e cultura italiana, il segretario generale Michele Schiavone e i membri del Comitato di Presidenza hanno spiegato alla stampa quali sono i (tanti) nodi da sciogliere nel rapporto tra amministrazione, governo e collettività anche alla luce della criticata mancanza di ogni riferimento ai connazionali sia nelle prime comunicazioni di Draghi in Parlamento sia nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato ieri e oggi alle Camere. Elezioni dei Comites, lingua e cultura, servizi consolari e i rapporti con i patronati i temi affrontati con il sottosegretario, di cui il Cdp ha apprezzato “la gentilezza e la disponibilità al dialogo”, come confermato da Schiavone, ma cui non sono state risparmiate annotazioni critiche sulle questioni trattate. In primis le elezioni dei Comites – cui seguiranno quelle del Consiglio generale – fissate al 3 dicembre: una data troppo ravvicinata, per il Cgie, con il mondo ancora alle prese con l’epidemia; senza contare le ben note critiche mosse sia alla modalità di voto – l’inversione dell’opzione – che alla campagna di comunicazione. Punto, questo, su cui “il Maeci sta già lavorando”, ha detto Schiavone; “di recente è stata coinvolta anche la I Commissione del Cgie per cercare di mettere insieme un programma per la comunicazione che dovrà sostenere l’intera campagna elettorale”. Il 3 dicembre verranno rinnovati i 101 Comites già esistenti ed eletti per la prima volta altri 12 comitati in Asia, soprattutto in Medio Oriente. Si andrà a votare con la legge in vigore – mentre il Cgie auspicava una veloce approvazione della riforma degli organismi di rappresentanza (approvata dal Consiglio generale nel 2017) che molti parlamentari hanno usato come spunto per le proposte di legge presentate di recente in entrambe le Camere – e verrà sperimentato in alcune circoscrizioni sedi consolari il voto elettronico. “Ci chiediamo cosa impedisce al Governo di usare questi strumenti per approvare velocemente la riforma, è un affronto al lavoro del Cgie che ha avuto la forza di coinvolgere comites, associazioni, enti e organizzazioni su questo tema”, ha detto con veemenza Schiavone, tornando a chiedere “elezioni con le leggi riformate”. Con l’opzione inversa – se vuoi votare lo devi comunicare al consolato – “rischiamo ancora una volta di avere rappresentanti dimezzati, non solo nel ruolo ma nella credibilità delle istituzioni”, la paura del Cgie che a Della Vedova ha chiesto di “armarsi di buona volontà e mettere l’argomento tra le priorità del governo, come uno degli strumenti del rilancio dell’Italia nel mondo”. Il rilancio del Paese, ha aggiunto Schiavone, “non può prescindere dalle politiche per 6milioni e 300 mila italiani residenti all’estero, cui si devono aggiungere 80 milioni di italici: non sono persone marginali, ma il fulcro della vita di comunità”. Per le elezioni, ha spiegato Pino Maggio, vicesegretario per l’Europa e il Nord Africa, “sono stati stanziati 9 milioni, di cui 2 da utilizzare per il voto elettronico. I 7 che restano sono insufficienti”, così come è “insufficiente il personale a lavoro nei consolati” che devono gestire le operazioni di voto, in una data, il 3 dicembre, che “in alcune parti del mondo sarà piena estate”. Questo, insieme alla “mancata informazione” e alla spada di Damocle rappresentata dalla pandemia, secondo Maggio farà il gioco “del partito dello smantellamento di Comites e Cgie”, mentre “noi vorremmo che la partita avesse regole certe e fosse giocata ad armi pari”. Per Silvana Mangione, vicesegretaria per i paesi anglofoni extra Ue, “far votare con le leggi attuali – datate 2003 per i Comites e 1998 per il Cgie – è solo uno spreco di soldi”. Il tempo per approvare le riforme, ha aggiunto, c’è: “non è vero che non si possono approvare le riforme velocemente in sede deliberante: la legge del Cgie del 98 fu approvata in pochi mesi in vista delle elezioni per il suo rinnovo, rinviate anche allora per consentire l’approvazione della riforma. L’allora sottosegretario Fassino riuscì a sensibilizzare il Governo e a presentare un testo che, come oggi, aveva prodotto lo stesso Cgie consultando Comites e associazioni”. Anche per Mangione, i soldi stanziati per il voto sono pochi: “anche se la Direzione generale per gli italiani all’estero ha detto di poterne recuperare 1 dei 2 destinati al voto elettronico si avrebbe come risultato che con un milione si potrebbe sperimentare in massimo 6 piccoli consolati, e gli altri 8 milioni per far votare circa 5 milioni di persone sarebbero comunque una goccia nel mare”. Il punto, quindi, “è capire qual è il rapporto dell’Italia con italiani all’estero, tutti gli italiani, non solo quelli etichettati come “cervelli” e “nuove mobilità”. Alle parole devono seguire i fatti”, che per Mangione significa “approvare i due articolati per le riforme di Comites e Cgie” eliminando l’inversione dell’opzione perché “anticostituzionale”. Sul fronte della promozione della lingua e della cultura, il Cgie vorrebbe che le competenze alla Farnesina fossero trasferite ad una Direzione ad hoc dalla DG per la promozione del Sistema Paese che le ha ora. Criticata la circolare 3 del 2020 che “ha creato profonde difficoltà sotto gli aspetti applicativi”, Schiavone ha sostenuto che “il commercio ha altre prerogative rispetto alla promozione della lingua e della cultura che va oltre l’indotto finanziario”. Certo “ha a che fare con l’immagine dell’Italia nel mondo, citata ieri anche da Draghi”, ma occorre anche “chiarire chi fa cosa, con una governance più trasparente. Ci sono dei vuoti che non sempre vengono colmati e quindi si assiste ad uno scaricabarile tra rete diplomatica e uffici a Roma che crea imbarazzo e difficoltà”. Anche per Mangione per lingua e cultura ci vorrebbe “una Direzione generale che sia “sbloccata” da certi meccanismi della DGSP, che è diventata così enorme” per le competenze affidatele, “che o si è dimenticata della promozione all’estero o non ha le forze per portare avanti il traino che la lingua ha su tutto il resto”. La circolare 3 “irregimenta gli enti promotori – già enti gestori – prevedendo situazioni diverse per le varie parti del mondo, riportando l’intervento dell’amministrazione all’anno scolastico”. Gli enti “nell’emisfero australe hanno presentato progetti, corretti più di una volta, ma partiti; per quelli dell’emisfero boreale la circolare è una rivoluzione copernicana: quest’anno dovranno gestire il primo semestre con la vecchia circolare e il secondo con la nuova” finanziando progetti anticipando risorse proprie “che, in pandemia, sono difficili da reperire”. Il risultato sarà “avere meno offerta proprio nel momento in cui l’Italia ne ha più bisogno”. D’accordo sul punto anche Mariano Gazzola, vicesegretario per il Sud America: “in America Latina – ha detto – se c’è ancora un programma di diffusione della lingua italiana è grazie allo sforzo delle associazioni storiche, fondate dai primi emigrati, e dei Comitati della Dante. L’investimento dello Stato è molto basso. Sono le strutture della comunità, nate il secolo scorso, a sostenere il sistema”. Critico anche il fronte dei servizi consolari, anche se il Cdp ha avuto rassicurazioni dal Dg Varriale sul prossimo ingresso di nuovo personale. “Servono interventi digitalizzazione e semplificazione delle procedure ma anche più risorse umane”, ha detto Schiavone. “Varriale sul personale ci ha rassicurato in vista delle nuove assunzioni che andranno a regime; si tratta di 1000 funzionari nelle diverse aree di rappresentanza e funzioni”. Resta il fatto che oggi, “con il turn over e il lavoro a distanza nei consolati le pratiche in giacenza sono aumentate. Per questo chiediamo a Maeci di investire nella digitalizzazione che accelera il lavoro negli uffici”. In America Latina, ha detto Gazzola, “la contingenza sta diventando normalità: se prima mancava il personale, ora con il lavoro suddiviso in turni a casa e in presenza è anche peggio”. I servizi consolari “sono essenziali e quindi serve un piano per garantire il ritorno al 100% di operatività”. Certo, ha commentato Gianluca Lodetti, vicesegretario di nomina governativa, “abbiamo accolto con favore la conferma di Varriale sulle nuove assunzioni. Grazie ai nuovi concorsi ci sarà un aumento reale del personale di ruolo del Maeci” ma questo “non significa appagamento: stiamo parlando del ripristino della situazione del 2010. In 11 anni la rete consolare ha lavorato con mille persone in meno”. Ci sarebbero i patronati per aiutare i consolati ma si è ancora in attesa dell’attivazione della convenzione: “a Della Vedova – ha detto in proposito Schiavone – abbiamo chiesto che si giunga all’applicazione della convenzione Maeci – Patronati”. Anche perché, ha aggiunto Lodetti, “non ha senso che l’amministrazione non svolga l’azione di sussidiarietà prevista dalla Costituzione e dall’art. 11 della legge 252/2001”. A sottolineare l’importanza dei patronati anche Eleonora Medda, membro del Cdp: “con i consolati aperti a singhiozzo e gli uffici delle amministrazioni locali chiusi, così come gli uffici Inps in Italia, che non ricevono pubblico, e le casse previdenziali estere, i patronati sono rimasti aperti, nonostante i rischi per la salute degli operatori”. Una condotta che “dimostra quanto siano necessari e utili per le comunità italiane all’estero e quindi quanto sia importante avere un rapporto strutturato con i consolati che non dipenda dai singoli”. D’altra parte si parla sempre di sinergia e buoni frutti. Ne è dimostrazione, ha ricordato Schiavone, il felice esito della vaccinazione per gli Aire temporaneamente in Italia, che ha visto il Cgie lavorare al fianco degli eletti all’estero per sensibilizzare il Governo. In tema di assistenza, lo stesso Cgie chiede alla Farnesina “più trasparenza” sui 6 milioni di euro destinati ai connazionali in difficoltà a causa della pandemia. Posto che italiani bisognosi sono anche in Europa, “nonostante i sistemi di welfare solidi”, come ricordato da Maggio, Gazzola ha chiesto sia a Della Vedova che al Dg Vignali (Dgit) di sapere “come vengono assegnati questi fondi, qual è il criterio? Si continuare ad assistere il connazionale indigente o sono fondi diretti a persone che hanno una “nuova” problematica economica a causa della pandemia? Non si capisce chi è il destinatario di questi fondi”. Anche Medda ha denunciato “una scarsa informazione su questi fondi su cui abbiamo tanto insistito per avere”. Schiavone ha quindi confermato che Della Vedova “si è fatto carico di dare seguito al lavoro svolto per la convocazione della IV assemblea della Conferenza Stato Regioni Province autonome Cgie” auspicandone una convocazione in presenza in estate, e annunciato la convocazione di una prossima plenaria del Cgie online “per far capire al Governo che con un po’ di buona volontà si poteva parlare di noi. Serve un’inversione di tendenza non solo negli uffici, ma nella vita quotidiana delle nostre comunità”. “Siamo arrivati al ridicolo; è umiliante avere a che fare con sordi che non vogliono capire le esigenze degli italiani all’estero. Parlare di politiche giovanili oggi senza parlare di politiche per gli italiani all’estero è miope”, ha accusato Schiavone. “I giovani italiani all’estero sono sempre di più e come i coetanei in Italia ragionano sul futuro professionale, educativo, delle loro famiglie; sono parte integrante di una generazione che ha bisogno di prospettive. Non bastano le proposte, gli annunci sul turismo delle radici, servono politiche giovanili sia per quelli che partono che per quelli che vogliono tornare. Serve un Osservatorio nazionale, un’agenzia, un punto di riferimento anche per i giovani italiani all’estero”. Molto deluso dai “piani” di Draghi, Schiavone ha sostenuto che “l’utilità di trovare risorse, nell’ambito del PNRR, per l’integrazione dei nostri connazionali. Per rendere il nostro mondo partecipe del rinnovamento e del rilancio”. Da venerdì – giorno dell’incontro con Della Vedova – a ieri, quando Draghi ha presentato il Piano in Parlamento, “ci siamo resi conto che le nostre aspirazioni sono state soffocate da una politica cieca e da un governo che non tiene conto di questo mondo, che è parte integrante di qualcosa di molto più complesso, ma che merita attenzione”. Un’attenzione su cui, secondo alcuni colleghi, il Cgie dovrebbe lavorare migliorando il suo sistema di comunicazione, indirizzandola non solo verso la stampa, ma anche verso i singoli cittadini. È quanto sostenuto da Domenico Porpiglia (Gente d’Italia) che ha pure criticato la mancata presenza dei giornalisti delle testate italiane all’estero alla conferenza stampa – prima di prevedere “elezioni fantasma per i Comites”, criticare la costruzione della nuova cancelleria consolare a Montevideo “troppi soldi, ora non è il momento”, e anche gli eletti all’estero, tranne quelli del Maie “perché sono gli unici che fanno un po’ di casino; io continuerò a criticarli, ma è così. Dove sono i politici che si interessano degli italiani nel mondo?” – e Filippa Dolce (RadioCom.tv), che ha scoperto il Cgie con il Seminario di Palermo. “Certo”, ha risposto loro Schiavone, “la comunicazione non è mai sufficiente”, ma non vale solo per il Cgie. “Domenica è morta una italiana in Perù e se la piangono solo i familiari”, ha aggiunto criticando la mancata copertura della tragedia da parte della stampa nazionale. “È opportuno che ognuno faccia la propria parte. Il Cgie può rafforzare la comunicazione, ma serve un dialogo”, anche con le testate italiane all’estero “che hanno bisogno di rinnovarsi e di essere intraprendenti”. Il Cgie, ha ribadito concludendo, “si aspetta dei fatti; ci aspettiamo che il Governo indichi quali sono le iniziative che intende prendere, perché il Premier Draghi non ne ha fatto parola, neanche nel PNRR, e noi vogliamo capire cosa questo esecutivo intende fare”. (m.cipollone\aise)



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