ROMA - La proposta dell’istituzione di una Green Card all’italiana sotto forma di visto a tempo indeterminato o permanente è stata messa a fuoco nella riunione dell’apposito gruppo di lavoro istituito dal Comitato 11 ottobre, svoltosi a Roma il 24 maggio nella sede dell’Istituto Tagliacarne con la partecipazione di alcuni parlamentari italiani eletti all’estero che provvederanno a stendere un apposito progetto di legge.
La riunione, introdotta dai sen. Fabio Porta, garante del Comitato, e Laura Garavini, ha visto discutere attorno alla relazione del coordinatore Aldo Aledda, recepita poi in alcune linee guida. In particolare è stata condivisa l’integrazione nella società italiana dei giovani discendenti dagli emigrati italiani all’estero, siano essi o no in possesso della cittadinanza italiana, allo scopo di contrastare i fenomeni di spopolamento delle aree più periferiche del Paese e il crescente invecchiamento della popolazione residente dovuta soprattutto alla denatalità che pone l’Italia al primo posto in Europa. Sio è inoltre scelto di contribuire ad accrescere le capacità di attrazione dell’Italia sul mercato delle professionalità, dell’imprenditoria e delle intelligenze facilitando anche l’ingresso degli “italici”, ossia di coloro che, secondo la definizione corrente, si riconoscono nei valori fondanti della cultura del nostro paese e del quale vorrebbero fare parte integrante; nonché di garantire la permanenza sul territorio nazionale ai soggetti a vario titolo interessati richiedendo a tutti la riprova della conoscenza della lingua e della cultura del nostro Paese. Allo scopo di facilitarne l’ingresso e l’attività, è stato proposto di creare anche in Italia l’istituto del Visto permanente, già conosciuto nei principali Paesi del mondo, che in questo modo intendono scegliere e assicurare la presenza sul loro territorio dei soggetti che ritengono più funzionali ai propri obiettivi di crescita e di sviluppo.
È stata condivisa anche l’idea che queste politiche, per centrare gli obiettivi che si propongono, esigono la solidarietà delle popolazioni locali, per cui sarà necessario prevedere nei primi tempi per chi ospita forme di agevolazioni fiscali e interventi finanziari a favore di enti e istituzioni che se ne fanno carico.
Infine, poiché sulla materia occorre procedere in maniera innovativa, alleggerendo anche il carico burocratico che pongono le attuali leggi centralistiche sulla gestione dei flussi di stranieri in Italia, è stato suggerito di incentrarle soprattutto sulle regioni e sugli enti locali, sui quali ricade la responsabilità della gestione dei rispettivi territori e che meglio ne conoscono le esigenze, ritagliando un ruolo anche agli organismi di volontariato che tradizionalmente operano in questo campo.
(aise)
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