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Voto e circoscrizione all’estero: nuove audizioni alla Giunta della Camera


L’impatto della riduzione dei parlamentari sul voto all’estero, la legge elettorale da cambiare; il voto elettronico e nei seggi; ma anche l’essenza della circoscrizione estero. È proseguita ieri alla Giunta per le elezioni della Camera l’indagine conoscitiva sulle modalità applicative, ai fini della verifica elettorale, della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante “Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero”, con l’audizione di altri due docenti: Matteo Cosulich, professore ordinario di diritto costituzionale della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trento, e Massimo Luciani, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza.

Corpo e sistema elettorale le due priorità su cui intervenire indicate da Cosulich che, come altri prima di lui, ha segnalato l’opportunità di invertire l’opzione – se vuoi votare all’estero lo devi comunicare, se no torni in Italia – sia per “avere certezza del corpo elettorale”, sia per risparmiare sugli “ingenti costi” del voto all’estero.

Inoltre si ridurrebbero “i fenomeni di inquinamento della autenticità del voto” e i connazionali “confermerebbero un legame con il nostro Paese, che è difficile presumere in assenza della residenza e, spesso, dello status di contribuente”.

Qualora ne fosse garantita la sicurezza, si potrebbe puntare sul voto elettronico, ha proseguito il docente, mentre è “impercorribile” l’idea del voto ai seggi.

Alla luce della riforma costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari – gli eletti all’estero passano da 18 a 12, 8 deputati e 4 senatori – per Cosulich bisogna intervenire sulla legge elettorale.

Posto che nelle quattro ripartizioni in 5 “collegi” su 8 si voterà per un solo eletto –

i quattro senatori, uno per ripartizione, e il collegio dell’Australia alla Camera – di fatto si voterà in “cinque collegi uninominali” ma con sistema proporzionale con le preferenze.

“L’articolo 11 della Legge Tremaglia – ha ricordato Cosulich – assegna i seggi tra liste concorrenti in ragione proporzionale, ma è evidente che se si tratta di attribuire un solo seggio non c'è nulla di proporzionale”. Di fatto sono “collegi uninominali”, dove si presenteranno liste “brevissime”, ha ribadito il docente, che ha paventato anche una “competizione interna alle liste” per niente “virtuosa”. Per Cosulich, quindi, “dove c’è un solo seggio da assegnare si potrebbe passare a un sistema maggioritario all’inglese”, pensando al tempo stesso a come garantire una copertura qualora ci fosse un seggio vacante (per dimissioni, ad esempio) magari “prevedendo un candidato supplente” che subentri alla bisogna.

Nelle ripartizioni dove si eleggeranno più parlamentari “si potrebbero mantenere le liste”. In ogni caso andrebbe “eliminato il disallineamento delle leggi elettorali in Italia e all’estero”.

Il professore ha poi osservato che ci sono “differenze di status” tra parlamentari eletti in Italia e all’estero, sia per le misure sulle dichiarazioni patrimoniali – “sarebbe opportuno che le medesime previsioni legislative riguardassero anche i redditi percepiti e i patrimoni detenuti all'estero” – sia per le norme sulla incandidabilità, in particolare quanto alla “titolarità di cariche pubbliche all'estero” che “potrebbero potenzialmente contrastare con gli interessi nazionali”. Quindi “sarebbe opportuno novellare la legge 60/1953 che prevede forme di incompatibilità con cariche e ufficio cui si accede per nomina governativa o comunque statale”. Da novellare anche la 361/1957 sulle cause di ineleggibilità nella parte in cui “si fa riferimento a cariche in società e imprese private oppure ad attività professionale svolta a favore delle stesse” da estendere anche all’estero.

Interpellato dal presidente Giachetti, Cosulich si è detto favorevole a “brevi liste bloccate” che garantiscano la rappresentanza di genere, così come ai rilievi del collega Ferdinando Pinto sulla applicabilità della Legge Severino.

Per Massimo Luciani, docente a La Sapienza, “la legge 459 del 2001 ha sempre sollevato plurimi interrogativi” alcuni dei quali “veramente radicali”. Tra questi, il professore ha definito “singolare” la suddivisione della circoscrizione estero in 4 ripartizioni, dalle notevoli dimensioni e che raggruppano territori disomogenei, quasi che si fosse in presenza di diverse comunità politiche. Caso emblematico la quarta Asia, Africa, Oceania e Antartide, ha aggiunto, tale da “far dubitare della possibilità di costruire un coerente rapporto rappresentativo” in un territorio di riferimento che comprende Nairobi e Kuala Lumpur.

Una disomogeneità “aggravata dalla riduzione del numero dei parlamentari, che ha reso impalpabile se non inesistente il rapporto con l’elettorato”.

Quanto alle modalità del voto, il professore ha detto di non fidarsi di quello elettronico: “per quanto contemplato per la sperimentazione, non appare consigliabile perchè vulnerabile”; può andare bene “per elezioni “minori” ma non per le politiche, che attirano l’attenzione di hacker anche stranieri”. Quella della sicurezza è, per Lucidi, una questione di “improba soluzione”.

No anche al voto per corrispondenza che “non garantisce 3 delle 4 caratteristiche del voto poste dall’articolo 48 della Costituzione: personalità, libertà e segretezza sembrano messe a rischio”, senza dimenticare “i rischi di interferenze e la struttura familistica di alcune comunità all’estero”. Quindi, per Lucidi “la modalità preferibile è il voto in presenza”, anche se costoso e complicato da organizzare, con i ben noti rilievi sull’effettività del voto – la lontananza dal seggio scoraggerebbe molti, ma “non sono problemi insolvibili”; dunque “l’opzione potrebbe riguardare l’alternativa non tra corrispondenza e voto in Italia, ma tra quest’ultimo e voto nei consolati”.

Lucidi ha infine citato il sovraccarico di lavoro per la Corte d’appello di Roma, competente per lo spoglio del voto estero, questione risolta da un recente decreto approvato dal Consiglio dei Ministri e atteso dalle Camere che per il prossimo referendum suddivide tale incombenza tra le Corti di Roma, Milano, Firenze e Bologna.

Al deputato Melicchio (M5S) secondo cui il voto elettronico è “un rischio che possiamo assumerci”, vista l’incidenza dell’informatica nella vita di tutti i giorni e l’esistenza di organi, come la Giunta, che vegliano sul voto, il docente ha risposto confermando il fatto che del voto elettronico non si fida anche perché “la posta in gioco è così grande, cioè la rappresentanza politica e poi del governo del Paese, che sarei più cauto”.

Eletta in Europa, Elisa Siragusa (Ev) è tornata sulle quattro ripartizioni sostenendo che, certo, non possono rappresentare 4 comunità diverse, anche perché all’estero “votano anche i temporaneamente all’estero”, e evidenziando la disparità del peso di un voto da una ripartizione all’altra in rapporto agli aventi diritto. Allora, ha chiesto la deputata, “si potrebbero assegnare i seggi non sui voti per ripartizione ma in base ad un calcolo complessivo della lista nell’intera circoscrizione estero? E se all’estero si presentassero liste uguali a quelle nazionali?”.

Sì, le ha risposto Lucidi, “tecnicamente sarebbe possibile ma allora a cosa servono le ripartizioni? Il mio quesito è più a monte, se abbia senso la circoscrizione estero: fermo restando il pregio del riconoscimento del voto agli italiani all’estero, che però si fonda sul diritto di partecipazione politica dei singoli, costoro debbono essere rappresentati da una specifica circoscrizione o no? Costituiscono o no una comunità?”.

Quanto alla omogeneità delle liste tra estero e nazionali, “se così fosse il mio quesito raddoppia: che senso avrebbero allora la circoscrizione e le ripartizioni?”.

(ma.cip.\aise/ IESTV.TV )


Queste pagine sono curate dall'Osservatorio di Ass.: ITALIANO ALL'ESTERO

( ITALIANOALLESTERO.ORG )


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