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“Un fatto muore quando nessuno più lo racconta”

“Un fatto muore quando nessuno più lo racconta”, commemorazione del 130° anniversario della tragedia della nave Utopia



ROMA – Il 12 marzo 1891 il piroscafo inglese Utopia, salpava da Napoli alla volta di New York con 813 passeggeri. Il 17 marzo 1891, alle ore 18.45, davanti al porto di Gibilterra, una violenta tempesta provocò il naufragio del piroscafo, con il drammatico bilancio di 540 morti. In pochi minuti si spense il sogno di molti uomini, donne e bambini. La corsa alla solidarietà della gente di Gibilterra permise ai sopravvissuti di trovare ristoro e umanità. In occasione del 130° anniversario della sciagura, si è tenuto l’incontro on line “Un fatto muore quando nessuno più lo racconta” trasmesso da Zona Rossa Web TV che ha riportato alla luce la tragedia. Sono intervenuti allievi di vari ordini di scuole, giornalisti, ricercatori e diverse autorità. E’ stato ricordato questo naufragio che ha portato alla morte molti di quei migranti, partiti alla ricerca di un sogno per cambiare vita. Hanno partecipato all’iniziativa il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero ed esponenti di varie associazioni culturali. Un saluto istituzionale è giunto dal Direttore Generale per gli Italiani all’Estero del Maeci, Luigi Maria Vignali, che in un videomessaggio ha parlato di una commemorazione importante per rendere omaggio a oltre 500 coraggiosi italiani partiti per New York che si fermarono tragicamente a Gibilterra. “Tanti italiani già all’epoca partivano per l’estero alla ricerca di fortuna e, attraverso queste celebrazioni, dobbiamo mantenere vivi questi ricordi. Dobbiamo fare molto per i discendenti di chi partì per ogni destinazione nel mondo; dobbiamo farlo attraverso le istanze provenienti dalle rappresentanze e fornendo servizi sempre migliori”, ha spiegato Vignali evidenziando l’importanza di una sempre più ampia presa di coscienza su quanto sia fondamentale la conoscenza della storia della nostra emigrazione. Un breve saluto è stato portato anche da Patrick Canessa, Console onorario italiano a Gibilterra dal 1993: sono state trasmesse immaginI relative a una cerimonia commemorativa.

Il giornalista e scrittore Duilio Paiano ha sottolineato come “nel Mar Mediterraneo, a largo di Gibilterra, siano naufragate persone ed emozioni: è naufragata un po’ della nostra storia, per questo serve incitare a ricordare nel futuro questi eventi”, ha spiegato il giornalista evidenziando, in base a quanto emerso dalle sue ricerche, come l’accaduto sia da imputare alla burrasca ma anche ad alcune manovre nei pressi del porto di Gibilterra che portano la nave Utopia a scontrarsi con una corazzata britannica ancorata. “Noi abbiamo un dovere nel ricordare ma le vittime hanno un diritto alla memoria”, ha precisato Paiano. Sono quindi intervenuti alcuni sindaci. Roberto Gravina, sindaco di Campobasso, ha sottolineato due aspetti fondamentali: la memoria e la speranza “per attualizzare quella che è una tragedia che tutt’oggi continuiamo a vedere nei nostri mari, quando i concetti di accoglienza e integrazione vengono dimenticati”. Antonio Conti, sindaco di Carovilli, ha ricordato la carenza delle infrastrutture più basilari in territori densamente abitati a quel tempo che poi determinava la scelta a cercare migliori condizioni di vita altrove. Pietrangelo Cesare, vicesindaco di Isernia, ha rievocato a sua volta il bisogno di commemorare questi connazionali, coniugando il ricordo con l’attualità dell’idea di accoglienza. Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, ha invitato i ragazzi a umanizzare la vita partendo dall’umanizzazione della storia: una storia diversa da quella che si vede nei libri. “La memoria non sia solo un freddo ricordo di una data o di un luogo”, è stato il monito di Orlando. Clemente Mastella, sindaco di Benevento, ha proposto l’idea di una giornata del ricordo per questi connazionali provenienti da più Comuni italiani periti in tragedie in mare come quella dell’Utopia. Michele Schiavone, Segretario Generale del CGIE, ha ricordato come siano oltre 6 milioni gli italiani residenti all’estero più circa 80 milioni di italo-discendenti che hanno contributo a forgiare le società nei nuovi Paesi di residenza. “Il fenomeno migratorio italiano è tornato di grande attualità per un Paese tra i più sviluppati ma ancora con sacche di povertà in alcuni territori”, ha spiegato Schiavone rievocando l’immagine simbolo della valigia di cartone ed esprimendo elogi nei confronti del sindaco Orlando per il modello di integrazione di cittadini che arrivano da altri Paesi e scelgono la città di Palermo per concorrere al suo progresso; un riconoscimento alla città è stato espresso anche per aver ospitato i giovani italiani nel Seminario di Palermo del 2019. “Giovani che hanno gettato le basi a Palermo per costruire una rete mondiale di connazionali al fine di costruire una nuova cittadinanza globale, in un mondo nel quale ogni cittadino deve sentirsi protagonista nel luogo dove vive”, ha aggiunto Schiavone vedendo nella tragedia della nave Utopia l’emblema di un lungo periodo di diaspora italiana che costrinse milioni di connazionali a trasferirsi verso le Americhe alla ricerca di nuove opportunità. “Ancora oggi le persone emigrano per bisogni materiali e immateriali”, ha precisato Schiavone menzionando alcune figure di connazionali divenuti illustri proprio negli States come Amedeo Giannini, fondatore della Bank of Italy ma anche purtroppo italiani divenuti invece oggetto di pregiudizi e discriminazioni come Sacco e Vanzetti. “La questione migratoria italiana è una questione nazionale di difficile soluzione, perché i problemi che spingono all’emigrazione sono rimasti gli stessi ed a poco sono serviti alcuni interventi per restringere questo fenomeno”, ha concluso Schiavone richiamando l’importante appuntamento della IV Conferenza Permanente Stato-Regioni-PA-CGIE.

Fabrizio Nocera, docente di storia dell’Università del Molise, ha illustrato il fenomeno dell’emigrazione del Mezzogiorno che, a partire dal 1860 fino ai giorni nostri, ha visto 26 milioni di migranti lasciare il territorio. Nocera ha rievocato anche altre tragedie che sconvolsero soprattutto i molisani, come quella di Monongah negli USA nel 1907 o quella di Marcinelle in Belgio nel 1956. Il giornalista Gian Antonio Stella ha menzionato una frase del cantautore Francesco De Gregori: “la prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento”. Dalle cabine ai bagni, fino alla mensa, le differenze tra prima e terza classe erano abissali: per il pasto la prima classe prevedeva il menù mentre la terza classe il rancio. Stella ha anche ricordato il naufragio della Bourgogne in Canada nel 1898 e ancora il ben più celebre Titanic affondato nel 1912. Vincenzo Lombardi, direttore dell’Archivio di Stato di Campobasso e Isernia, ha parlato dell’importanza delle fonti per chi effettua ricerche su fatti storici anche molto datati: gli archivi come depositi di memoria. Pina Mafodda, ricercatrice, autrice di testi storici, ha presentato la sua ricerca: ‘17 marzo 1891, il naufragio dell’Utopia tra cronaca e storie’. Scopo della ricerca è dare voce e dignità a coloro i quali hanno lasciato le loro radici, la loro terra per cercare una vita migliore alla ricerca di un sogno. La ricerca sarà pubblicata da Volturnia Edizioni, nella Collana Studi Molisani, a partire dall’estate 2021. Mafodda ha reperito anche dati a Gibilterra altrimenti non reperibili in Italia. Tra il 1876 e il 1913 sono espatriati 14 milioni di italiani per lo più diretti verso le Americhe: un vero e proprio esodo se si considera che al 1881 i residenti in Italia erano stimati in quasi 29 milioni di persone. “La banchina è il passato e la sirena della nave avverte che indietro non si torna”, ha commentato Mafodda parlando di una tragedia alla quale va restituita una propria dignità storica. (Simone Sperduto/Inform)

17/03/21

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