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Turismo delle Radici e Cgie: lavorare insieme per lavorare meglio - VIDEO

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Il Turismo delle Radici è un progetto che “nasce da un’esperienza condivisa”. Il Ministero degli Affari Esteri dal 2018 ha “colto questa opportunità”, convocando un “tavolo tecnico” che “in questi anni è passato da 24 a 184 persone”. Ad aprire il dibattito sul secondo punto all’ordine del giorno della riunione odierna convocata dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero - CGIE, il Turismo delle Radici, è stato il Consigliere Giovanni Maria De Vita, che ha illustrato i punti importanti del progetto. “Il Maeci - ha spiegato De Vita - ha un ruolo essenziale per fare da cassa di risonanza per il tema, anche con le comunità all’estero. La Farnesina ha colto tanti suggerimenti durante il tavolo tecnico, come la Guida alle Radici e il Master in formazione per operatori del turismo delle radici dell’Università della Calabria”. Riguardo quest’ultima, De Vita si è soffermato, spiegando come questa sia “un’esperienza importante” anche e soprattutto perché tra i partecipanti c’erano diversi oriundi, 3 dall’Argentina, 2 dal Brasile 1 dal Canada. “Abbiamo realizzato anche 2 studi per creare una profilazione del turista delle radici e capire i desiderata dei turisti - ha continuato il consigliere del Maeci -. Il senso di questi studi è stato quello di spiegare agli operatori italiani il modo migliore per accogliere questo tipo di turisti, ed è stato fatto dialogando con le comunità, raccogliendo dati sugli italiani in giro per il mondo, dal Canada all’Australia passando per l’Europa. E su questo punto, tanti Comites sono intervenuti per aiutare”. De Vita ha poi parlato riguardo i partner del progetto, come i piccoli Borghi, dal quale proviene la maggior parte degli emigrati italiani: “avremo dei contatti costanti che seguiremo passo passo per realizzare questo progetto con loro”. Oltre a una “direzione centrale”, per la realizzazione del progetto sono previsti anche dei “referenti regionali a contatto con le comunità”. E inoltre, “verranno selezionati dei giovani e insieme agli operatori cercheremo di formare delle figure per interagire con i territori, che saranno i nostri punti di riferimento”. Chiaramente, i partner principali del progetto sono gli Enti locali e le Regioni, i quali possono creare i servizi adeguati ad accogliere nel miglior modo possibile questo tipo di turisti. Ma questo progetto è un progetto della durata di 3 anni, e dunque deve mirare necessariamente anche a “formare persone che possano attivarsi su questo tema” per poterlo poi proseguire dopo il 2024. Il progetto, nei suoi 11 componenti, mira anche alla “digitalizzazione e indicizzazione dei documenti per la genealogia”. Quello della genealogia è un “fattore chiave” per “creare luoghi informatici dove condurre le ricerche e cercare i propri avi italiani”. A tal ragione, De Vita ha informato anche riguardo la collaborazione con il Ministero della Cultura. Ma dal digitale passa anche la “mappatura degli itinerari del Turismo delle Radici”, cosa assai evidenziata dal coordinatore del progetto. Così come cruciale è anche “creare una rete dei musei della migrazione italiana”, dando vita ad “una piattaforma che contenga tutta la documentazione sull’emigrazione”. “C’è un grande patrimonio che deve essere capitalizzato - ha spiegato ancora De Vita -, organizzandolo in modo che la sua diffusione sia immediata. Lo scopo della piattaforma è costruire l’itinerario delle radici prendendo informazioni su storia, cultura e tradizioni degli italiani all’estero”. Questa iniziativa, per il suo coordinatore, è importante anche per poter finalmente “colmare il gap con la scarsa conoscenza della storia dell’emigrazione italiana, che è una parte fondante della storia italiana”. De Vita non ha poi escluso la possibilità di attivare dei “trattamenti privilegiati” per questo tipo di turisti. Questo si potrà fare coinvolgendo le imprese di trasporti e gli alberghi nei borghi e non solo. “Ci sarà un lavoro importante da fare, poiché sono tante le attività da coinvolgere”. Compreso anche l’attivazione delle “Working Holidays”, attività per far connettere gli emigrati di terza, quarta o quinta generazione con le attività che compievano gli avi in Italia (ha parlato di fare la pasta o attivarsi nell’artigianato tipico nostrano). Per realizzare tutto questo concretamente, però, è necessaria, sempre secondo De Vita, “una grande attività di comunicazione”. Questa vedrà, secondo quanto da lui espresso, il coinvolgimento dei Comites, delle Camere di Commercio e dell’Enit, magari coinvolgendo anche degli influencer di origine italiana. E tutta questa attività “verrà monitorata di una rete di università” che non solo terranno conti dei flussi, ma daranno conto anche al “grado di valutazione”, oltre ad offrire diversi servizi, come i corsi di lingua. A suggellare questo progetto triennale che sfrutta l’occasione del Pnrr, ci sarà, nell’ultimo dei 3 anni, il 2024, il cosiddetto “Anno delle Radici”. Quello “sarà una grande occasione per attirare questo tipo di turisti in Italia”. In conclusione, prima di lasciare spazio agli interventi di alcuni dei consiglieri Cgie, De Vita ha spiegato quanto, nella visione del tavolo tecnico per il Turismo delle Radici, le “comunità di italiani all’estero sono il nostro punto di riferimento”, poiché saranno loro a dare “il grado di soddisfazione della nostra iniziativa”. Sono poi intervenuti brevemente diversi consiglieri Cgie, a partire da Fabio Ghia, che ha espresso alcuni dubbi sulla partecipazione delle regioni, le quali “non sembrano far parte massivamente dell’organizzazione nonostante siano loro a dover attuare questo tipo di politiche”. Poi è stata la volta del Consigliere Giangi Cretti, il quale anche ha espresso dei dubbi: “è chiaro l’interesse della parte italiana, ma serve approfondire la parte del soggetto che fa parte di questo progetto, ossia gli italiani nel mondo”. L’impressione, secondo lui, “è che gli italiani all’estero servano per promuovere l’iniziativa, e non è chiaro come possano essere coinvolti”. Invece “bisogna capire come possono essere protagonisti”. Cretti ha poi espresso alcune perplessità riguardo la comunicazione e dunque sulla partecipazione delle testate degli italiani all’estero: “per fare un discorso di comunicazione sarebbe bene evitare la situazione successa con il rinnovo dei Comites, capendo bene quali siano le risorse e discutendo riguardo questo tema. Il rischio, per quanto riguarda la promozione verso l’estero - ha concluso -, è che diventi un turismo della nostalgia. Credo ci possano essere altri tasti, coinvolgendo di più gli italiani all’estero”. Una proposta specifica è arrivata dal consigliere del Cgie Luigi Billé, che parlando proprio degli “strumenti attuativi che permettono agli italiani all’estero di essere coinvolti”, ha suggerito l’utilizzo più frequente e rinvigorito dei gemellaggi. “Stimolare questo strumento potrebbe azionare tante cose, innestando sinergie istituzionali e imprenditoriali”. Dal Cile, il consigliere Nello Gargiulo è intervenuto affermando quanto “il progetto sia buono perché dispone di risorse”. Ma secondo lui dovrebbe avere “un cappello di sentimento civico”. E inoltre, ha proposto di “costituire in ogni Consolato dei piccoli gruppi operativi che possano articolare il rapporto con le comunità”. Anche il consigliere Cgie Mariano Gazzola ha valutato come “ambizioso, apprezzabile e necessario” questo progetto. “È un passo avanti”, ha spiegato, ma “è di difficile realizzazione”. E lo è, a parer suo, “perché noi come sistema all’estero non abbiamo possibilità di farlo. I Consolati hanno problemi a dare i passaporti e tanti altri problemi. Non abbiamo tante risorse”. Secondo Gazzola, questo progetto sul Turismo delle Radici “funziona solo se riusciamo a creare bene un sistema” e inoltre “deve definire bene quale sia il soggetto, non l’oggetto”. Un altro problema sollevato dal consigliere Cgie per l’Argentina, è la comunicazione: “le persone che si interessano a questo progetto vanno a chiedere informazioni alle associazioni e ai Comites”. E di questo bisogna tenere conto per portare avanti questo progetto. Un “punto d’inizio con una programmazione seria” è l’opinione sul progetto anche del consigliere Cgie Rodolfo Ricci. “Sembra un punto di inizio, bisogna avere la capacità di andare avanti insieme e capacità di ascolto”. E per farlo, ha detto in chiusura degli interventi anche il Consigliere Cgie Vincenzo Mancuso, bisogna “rivedere e ricucire i contatti in tutto il sistema Italia all’estero per operare bene per questo progetto”. Per chiosare gli interventi è finalmente intervenuto anche il Segretario Generale del Cgie, Michele Schiavone, che ha spiegato come il Pnrr sia un’occasione “per un cambio di paradigma. Questo - ha sottolineato - è il momento di passare dalla prosa alla lirica. Abbiamo un’opportunità per valorizzare gli italiani all’estero, che non sono oggetti ma sono i protagonisti della rappresentanza del nostro paese in giro per il mondo. Questa occasione possiamo costruirla insieme, anche attraverso la comunicazione. Possiamo metterci insieme per programmare e fare avvicinare i connazionali nel mondo all’Italia e far sentire gli italiani all’estero parte integrante del Paese. Serve un investimento di credibilità, possiamo e dobbiamo lavorare insieme”. Infine De Vita ha risposto ad alcuni dei dubbi sollevati dai consiglieri nell’intervento cha ha chiuso la riunione: “sappiamo di voler avviare un progetto ambizioso. Dobbiamo adattarci sui territori, anche nelle comunità all’estero. Sappiamo che ci saranno problemi, ma ci siamo sentiti confortati dal muoverci nell’alveo del tavolo tecnico in cui hanno contribuito tantissime realtà, compresi gli italiani all’estero e le sue realtà”. Riguardo le perplessità sul soggetto “turista delle radici”, e sulla nostalgia, De Vita ha spiegato come questo identikit sia stato pensato dalle analisi dell’Enit. “Il turista delle radici non è un turista di ritorno, è un turista che nutre il suo sentimento di nostalgia. La stessa parola è la “malattia del ritorno”. E questo è il nostro target. Poi, si possono sviluppare anche per altri tipi di turisti”. Rispetto invece alle considerazioni sui gemellaggi, De Vita ha spiegato che sono delle buone pratiche, ma devono anche essere funzionali, “non possono rimanere nel cassetto come spesso avviene”. Infine, rispetto alla comunicazione, il coordinatore del progetto Turismo delle Radici, ha spiegato: “verranno coinvolti i canali tipici delle comunità, ma vogliamo utilizzare anche i canali dei paesi esteri. Vogliamo agire con uno spettro molto ampio. E dobbiamo dotarci di alcune strutture. Abbiamo già costituito un ufficio nel Ministero per questo. Stiamo partendo, raccogliendo l’occasione del Pnrr, cercando l’ausilio di tutti. Non vogliamo vendere dei prodotti agli italiani all’estero, ma aprire dei rapporti con le comunità che possano alimentare i rapporti con le stesse”.


(l.m.\aise)



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