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Ius Scholae/ Nissoli: si discrimina chi ha origini italiane



ROMA - Dal testo unificato sullo Ius Scholae "si evince l'idea di un mondo dove i confini non esistono e si vuole garantire, anche a giovani stranieri, il diritto a acquisire una cittadinanza. Un pensiero positivo, non limitativo. Invece non è così". Così Fucsia Nissoli, deputata eletta in Centro e Nord America, nel suo intervento in Aula il 29 giugno scorso nell’ambito della riforma della legge sulla cittadinanza. Un testo, ha aggiunto, da cui emerge "nessuna volontà di riconoscere un diritto perché, altrimenti, si applicherebbe una regola basilare: uguali - diritti - per tutti". "Quando ho presentato un emendamento, che non è neppure stato discusso in commissione e nel quale si chiedeva di permettere a chi è nato in Italia e ha perso la cittadinanza in seguito a espatrio di riacquistarla con una semplice richiesta amministrativa presso il competente consolato di residenza estera, ho visto cadere nel vuoto una richiesta di garantire a tutti il medesimo diritto”, ha ricordato la deputata. “E la cosa ancor più incredibile è che non ho capito perché. Mi è stato detto che non si può allargare l'orizzonte dello Ius Scholae a chi vive all'estero". "Stiamo discriminando chi ha origini italiane? Ma ha senso? Il tema – ha osservato Nissoli – non è se ha senso o meno riconoscere la cittadinanza a cittadini stranieri sulla base della loro persistenza nel territorio, senza in alcun modo considerare l'educazione e gli esempi che questi giovani ricevono, quotidianamente, nella famiglia. Non si tratta di verificare se tale diritto si debba legare all'effettiva accettazione di quel modello culturale, liberale, europeista e democratico che abbiamo ottenuto con guerre e sacrifici dei nostri padri. Non si tratta neanche di comprendere se questi futuri cittadini, cui vogliamo garantire diritti, hanno una visione chiara dei diritti che devono rispettare all'atto di essere cittadini italiani, primi fra tutti il rispetto per le donne, ma solo per citarne uno". "Diamo per scontato che qualche anno di scuola garantisca una visione e una cultura corretti per integrarsi in una società che, come dicevo, ha conquistato questi diritti anche a costo della vita. Però io sto semplicemente chiedendo pari diritti in favore di persone che sono nate in Italia, hanno studiato in Italia, taluni hanno persino fatto il servizio militare e hanno lavorato, pagando le tasse, nel nostro Paese, in Italia. Hanno, quindi, le medesime caratteristiche richieste ai minori stranieri. L'unica discriminante, ed uso questo termine non a caso, - ha concluso – è che si tratta di nostri connazionali, di cittadini italiani, come me, come voi".

(aise)



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