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Esportatori di vini e bevande alcoliche in Islanda, una guida pratica on line


OSLO – E’ disponibile online la guida pratica per esportatori italiani del settore del vino e delle bevande alcoliche in Islanda, edizione 2021. È disponibile gratuitamente ed è stata predisposta in lingua italiana dall’Ambasciata italiana a Oslo: la nuova guida si inserisce nelle azioni tese a sostenere l’export italiano nei paesi nordici. La pubblicazione è unica nel suo genere ed è ricca di dati e informazioni legati all’export di prodotti vitivinicoli “Made in Italy” nel piccolo Paese. L’Italia è il maggiore esportatore di vini in Islanda: un piccolo mercato, quindi, ma aperto ai vini italiani di qualità e di prezzo medio-alto. Diretta principalmente alle piccole e media imprese italiane, la guida intende offrire un quadro orientativo del mercato in Islanda, come strumento di consultazione ma anche come punto di partenza per capire il mercato, le sue non semplici caratteristiche e criticità: un supporto operativo, utile per programmare azioni di marketing e delivery internazionale. Un focus particolare è dedicato al sistema monopolistico pubblico di importazione del vino e degli alcolici. Sono anche evidenziati il regime doganale e d’importazione. Una curiosità sull’Islanda è nel fatto che il Paese sia stato soggetto al proibizionismo totale fino al 1922 e parziale fino al 1989: quest’ultima è la data che sancisce la legalizzazione della vendita di birra. Le importazioni di vino in Islanda nel 2019 sono state pari a circa 23 milioni di euro: i tre maggiori esportatori sono Italia, Francia, Spagna. Reykjavík è nota per la presenza di eccellenti wine bar. La bevanda più venduta in assoluta nel Paese è tuttavia la birra, addirittura celebrata con un ‘beer day’ nel giorno che ha segnato la fine del proibizionismo. Sul fronte dei liquori, è il whisky la bevanda preferita dagli islandesi. E’ altrettanto vero che bere alcolici resta però un lusso per le tasche delle popolazioni scandinave: una bottiglia di vodka può arrivare a costare fino a 60 euro mentre per una banale pinta di birra si può giungere alla soglia dei 10 euro. (Inform)

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