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"CIAU TURIN", LA CANZONE DEI PIEMONTESI CHE ANDAVANO ALL’ESTERO

Ogni tanto ce lo dimentichiamo, ma il Piemonte è stato una terra di emigranti.

Chi a Torino non ha qualche parente, magari non strettissimo, in Argentina, Francia o Germania?

Gente che un tempo scriveva cartoline in un italiano arzigogolato e di cui magari abbiamo perso le tracce.

E qual era la colonna sonora delle loro tristi partenze?

Ovviamente "Ciao Turin" del 1949, parole di Luigi Lampugnani (in arte Lampo) e musica di Carlo Prato, la quintessenza dell'abbandono sabaudo. L'incipit è notissimo: "Ciao (anzi Ciau, con la u ancor più autoctona) Turin, mi vadu via, vad luntan a travaiè".

La baldanzosità melodica è in contrasto con il distacco e la condanna di dover cercare lontano il lavoro.

Braccia al miglior offerente allora o cervelli in fuga oggi, la separazione da Torino ha immediate conseguenze fisiche.

"Mi sai nen cosa ca sia, sentu 'l cor a tramulé". Tachicardie innescate da "la mia bela tera" che è già un ricordo. Addio al Valentino, alla Mole, ai giardini e alle "bele cite" e straziante desiderio di riavvicinamento immediato, ad ogni costo ("ma darai la vida mia per pudei prest riturné"). Molte le versioni di "Ciao Turin", da quella di Gianni Cucco del 1958 alla celebre e immortale di Gipo Farassino.

L'approfondimento completo era su La Stampa (ed. Torino) del 29 maggio.

(NoveColonneATG)


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