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Alla Stato-Regioni-Cgie si parla di internazionalizzazione e comunicazione

  • 16 dic 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

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Una riflessione su internazionalizzazione e comunicazione ha chiuso la sessione mattutina del secondo giorno di lavori della quarta conferenza dell’Assemblea permanente Stato - Regioni – Province Autonome – Cgie in corso a Roma.

Dopo gli interventi istituzionali che hanno esplorato il Sistema Paese in tutte le sue sfaccettature, Giangi Cretti e Franco Siddi, entrambi presidenti – presente e passato – della Commissione Informazione del Consiglio generale degli italiani all’estero, hanno condiviso delle riflessioni sul ruolo dell’informazione e della comunicazione della proiezione del Paese all’estero.

“Mariano Gazzola ha ben detto nei giorni scorsi che il Sistema Paese non è “sistemico”. Oggi ne abbiamo avuto certezza”, ha esordito Cretti. Riferendosi alla tavola rotonda della mattina, Cretti ha rilevato l’assenza di Enit e Camere di commercio italiane all’estero: in pratica, ha detto, “gli attori che sono protagonisti all’estero non sono coinvolti dal centro. È un limite che sottolinea che non sappiamo fare sistema”. Così come è poco sistemico “trasferire le risorse per l’internazionalizzazione alla Farnesina, mantenendo Unioncamere e CCIE sotto l’egida del Mise”.

Richiamando l’intervento di Loredana Capone, presidente del consiglio regionale della Puglia, circa i “danni” che certe copertine di giornale fanno all’immagine dell’Italia all’estero, Cretti ha sostenuto che a bloccare gli investimenti esteri sono soprattutto “i tempi lunghi e l’incertezza della giustizia”. Questo, ha sottolineato, “penalizza l’Italia”, non le copertine sulla strage di Capaci.

Ora, per promuovere il Paese, la Farnesina ha lanciato “beIt”: 50 milioni di euro, ha ricordato Cretti, “per promuovere il national branding”. La campagna “è stata affidata ad un consorzio. Mi piacerebbe che questa promozione fosse fatta senza subire la fascinazione dei social, ma utilizzando la coscienza critica di cui parlava poc’anzi il rappresentante del Mur”. Si tratta di risorse, ha aggiunto, “di cui le testate e i media italiani all’estero non toccheranno un centesimo. Questo è un nostro limite: siamo certamente consapevoli di quale sia la qualità dei nostri prodotti, ma si tratta anche di una presenza storica che ancora ha una funzione sui territori e che, quindi, forse dovrebbe essere coinvolta. Mi disturberebbe molto se accantonassimo lo stereotipo delle valigie di cartone con quello dei giovani italiani, brillanti e vitali che non vedono l’ora di andare all’estero”, ha concluso. “Mi pare che siano costretti a lasciare l’Italia”.

La comunicazione, ha sottolineato Siddi - già consigliere Cgie, ora presidente dell’Osservatorio TuttiMedia – “in questo momento è fondamentale a sostegno di qualsiasi attività”. Certo è “importante che ci siano contenuti utili e affidabili”. Gli stereotipi sull’Italia “li esportiamo anche con i media: abbiamo bisogno di un’Italia in marcia, puntuale su tutto, a partire dalla giustizia, la cui riforma è stata inserita anche negli obiettivi del Pnrr. La stampa ne parla, ma senza affondare a sufficienza”. Dal canto suo, “la politica ha dato un cenno di riscatto, ma è titubante per le reazioni del sistema che non riesce ad assicurare equilibrio tra poteri dello stato. E la comunicazione ne risente”.

Stesse criticità anche sul fronte dell’internazionalizzazione: “abbiamo tantissimi istituti ed enti e però ciascuno va per la sua strada nella comunicazione”, ha rilevato Siddi. “Certo, se avviene tra competitor va bene, ma se accade anche tra Istituzioni è un problema”. La comunicazione “è assente perché risente di una realtà che non stimola un processo coordinato ed efficace”.

“I media – si è chiesto Siddi – in che modo rappresentano questa realtà? Concorrono a che l’Italia sia un pezzo importante della vita del mondo? Molto poco, perché sono locali, quasi provinciali direi. Il capitolo “estero” è sottovalutato. Il Presidente Ciampi provò a suscitare una inversione di tendenza su questo, ma senza risultati”, ha ricordato Siddi, secondo cui se è grave che i media italiani ignorino i fatti del mondo, è gravissimo che lo facciano con quelli europei.

“Noi l’Europa non la conosciamo e non la raccontiamo e quindi i cittadini non riescono capire il contesto”, ha detto Siddi, secondo cui “Bruxelles ora è la nostra prima capitale” di cui ci ricordamo “solo quando c’è un problema che imputiamo all’Ue”.

Per ribaltare questa situazione “serve un moto di idee e di azioni in grado di creare una cultura all’attenzione internazionale. Il media privato, l’editore, ha limiti legati a business e bilanci, ma questa disattenzione non è permessa al sistema pubblico. Su 2miliardi e 300 milioni di risorse è assurdo che la Rai ne destini solo 20 specificamente alla Rai nel mondo. Se questa sottovalutazione estrema avviene nel servizio pubblico, come si può pensare che lo faccia un privato?”. Si parla sempre di “informazione circolare, di informazione di ritorno”, ha ricordato Siddi, ma poi non si fa tesoro del buono che si crea: “l’anno scorso “L’Italia con voi” su Rai 3 il sabato mattina ha ottenuto ascolti migliori della programmazione originale, costando zero, e quest’anno è stato cancellato per questioni di Direzioni. È una stupidaggine”.

Oggi, ha aggiunto Siddi, “la politica è atomizzata, quindi è difficilissimo fare sistema. Penso però che il Cgie debba tenere accesa la fiammella perché significa che prima o poi qualcuno dovrà fare i conti con la realtà”.

Quanto alle testate italiane all’estero “sono strumenti di comunicazione sia per la vita comunitaria sia come interscambio di conoscenza e di promozione”, strumenti “rivolti sia ai connazionali che agli italici, che acquisendo informazioni puntuali diventa un veicolo ulteriore di promozione dell’Italia. Bisogna che le istituzioni considerino queste realtà nella giusta misura”, non solo dal punto di vista formale. “Credo che il Cgie debba continuare a insistere su questo”, ha sostenuto Siddi, secondo cui Farnesina e Governo nella sua interessa “dovrebbero dare più considerazione a questi organismi”. Il Cgie deve chiedere “attenzione non solo a Rai Italia, ma alla Rai intera. Sul sistema pubblico dobbiamo esigere di più. L’anno prossimo – ha ricordato, in conclusione – ci sarà la revisione del contratto di servizio Rai: chiedete di essere coinvolti”.

Intervenuto nel dibattito anche il consigliere Cgie Vincenzo Arcobelli (Usa) da cui è arrivato un appello alla “concretezza”.

Va bene parlare di “acquisizione dati territoriali, strutture, piattaforme” ma serve un “budget adeguato per poter competere con le altre Nazioni che investono di più all’estero”. La struttura, ha aggiunto, “esiste già”, è la Farnesina, che deve mettere a sistema tutti gli attori sul territorio riconoscendo le best practice nate negli anni, come la Conferenza dei ricercatori italiani del mondo giunta alla 16ª edizione, o la giornata delle Pmi di Confindustria, anche grazie alle associazioni di categoria italiane all’estero. “Serve più organizzazione e semplificazione”, ha sottolineato Arcobelli. Bisogna “fare squadra” e “coinvolgere associazionismo e rappresentanze nella cabina di regia del Sistema Paese”. Gli italiani all’estero “sono lontani dagli stereotipi del passato. O si capisce che siamo una risorsa concreta per il Paese, oppure stiamo solo perdendo tempo”. (aise)

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