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Il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes

ROMA – Tutte le regioni italiane perdono residenti, aumentando però la loro presenza all’estero: è quanto emerge dalla XVII edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, presentato nei giorni scorsi a Roma.

In generale, il Rapporto evidenzia come la crescita dell’Italia residente nel mondo è stata nell’ultimo anno più contenuta, sia in valore assoluto che in termini percentuali, rispetto agli anni precedenti. Dal 2006 al 2022 la presenza degli italiani all’estero è cresciuta del 87% passando da 3,1 milioni a oltre 5,8 milioni di cittadini iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) al 1° gennaio 2022, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia.

L’Italia è irrimediabilmente legata alla mobilità e inevitabilmente chiamata, oggi, a fare i conti con le difficoltà degli spostamenti dovuti alla pandemia, evento globale i cui effetti si stanno sentendo sul lungo periodo con modalità e accenti diversi. La Fondazione Migrantes sottolinea infatti nel Rapporto infatti la riduzione degli spostamenti “ufficiali” che, comunque, riguardano un numero consistente di giovani, partiti soprattutto dal Nord Italia alla volta prevalentemente dell’Europa. Molti probabilmente lo hanno fatto non ottemperando all’obbligo di legge di iscriversi all’Aire poiché, in tempi di emergenza sanitaria, suona forte il campanello di allarme relativo alla perdita di assistenza sanitaria che rappresenta, da sempre, il principale motivo che trattiene chi parte per l’estero a iscriversi all’Aire.

Le partenze per “espatrio” avvenute lungo il corso del 2021 – sottolinea il Rapporto – sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014, quando erano più di 94 mila.

Quello che si pensava potesse accadere alla mobilità italiana durante il 2020 è avvenuto, invece, nel corso del 2021: la pandemia, cioè, ha impattato sul numero degli spostamenti dei nostri connazionali, riducendoli drasticamente e trasformando, ancora una volta, le loro caratteristiche. Rispetto al 2021 risultano 25.747 iscrizioni in meno, una contrazione, in un anno, del -23,5% che diventa -36,0% dal 2020.

Chi è partito per espatrio da gennaio a dicembre 2021 è prevalentemente maschio (il 54,7% del totale), giovane tra i 18 e i 34 anni (41,6%) o giovane adulto (23,9% tra i 35 e i 49 anni), celibe/nubile (66,8%). I minori scendono al 19,5%. I coniugati si attestano al 28,1%. A partire sono stati sempre più i giovani e sempre meno gli anziani (-19,6%) e le famiglie. In drastica riduzione anche il numero dei minori.

Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in Europa, il 53,7% (poco più di 45 mila) è partito dal Settentrione d’Italia, il 46,4% (38.757), invece, dal Centro-Sud. La Lombardia (incidenza del 19,0% sul totale) e il Veneto (11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più. Seguono la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%). Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal Sud al Nord del Paese e poi dal Settentrione all’oltreconfine.

La via per l’estero – rileva il Rapporto – continua ad essere dunque l’unica scelta da adottare per la risoluzione di problemi di autonomia, serenità, lavoro, genitorialità dei giovani italiani.

Dedicato alla rappresentanza e ai Comitati degli Italiani all’Estero (Comites) lo speciale del Rapporto di quest’anno.

I Comites – ricorda la Fondazione Migrantes – sono organi elettivi che raccolgono e rappresentano le esigenze dei cittadini italiani residenti all’estero, interfacciandosi con le istituzioni italiane insieme alle quali promuovono, nell’interesse della collettività italiana residente nella circoscrizione, iniziative in materia di vita sociale e culturale, assistenza sociale e scolastica, formazione professionale, settore ricreativo e tempo libero. Il loro ultimo rinnovo è avvenuto a dicembre 2021.

In particolare, lo speciale ha preso in considerazione diciassette paesi del mondo: Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svizzera, Tunisia, Ungheria, Uruguay e Venezuela. L’analisi ha riguardato i risultati e le caratteristiche di ogni singolo Comites di ciascuna nazione considerata, mettendo in relazione il passato con il presente, evidenziando mutamenti e recenti innesti, continuità progettuali e nuovi percorsi intrapresi.

Il Comites diventa quindi un’occasione di analisi e di riflessione sulla mobilità italiana e vi si analizza anche la capacità che ha avuto e che ha di intessere relazioni con la comunità italiana residente. La presenza di un Comites operativo significa avere una comunità organizzata che accompagna i nuovi arrivi e supporta i lungo residenti dialogando e confrontandosi per le naturali difficoltà intergenerazionali che si vengono a presentare. Un cammino del fare, quindi, irto di difficoltà dovute al costante mutamento dei protagonisti della mobilità, delle loro necessità e delle condizioni storiche, sociali, politiche, economiche e culturali in cui avviene la migrazione. Si rileva inoltre che come i Comites, nonostante la platea estremamente esigua che li ha eletti, abbiano paradossalmente una forte rappresentanza qualitativa riferita alla nuova realtà italiana nel mondo, con l’emergere di nuove generazioni, nuovi profili professionali, comunità di cittadinanza italiana recente, ed una continuità con le strutture della vecchia emigrazione.

Lo speciale evidenzia inoltre come permangano ancora irrisolte alcune criticità del voto all’estero come la difficoltà di garantire la personalità, la libertà e la segretezza del voto. Ma ciò che i dati sull’affluenza suggeriscono è che con il passar degli anni è venuta meno la spinta propulsiva che ha riformato il voto degli italiani all’estero, e la generazione che l’ha promossa. Una parte sempre maggiore di elettori, e tra questi gli italo-discendenti e i neo-immigrati dall’Italia, non ha fatto parte di quella “battaglia” per il voto all’estero – ricorda il Rapporto – e potrebbe sentirsi in qualche maniera slegata dal diritto-dovere di votare. Si sottolinea pertanto che portare (o riportare) questi elettori alle urne sia senz’altro una delle sfide più urgenti per contrastare l’astensionismo crescente.

(Inform)


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