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LUCERNA, LA COMUNITÀ ITALIANA SI SENTE TRADITA, Ippazio Calabrese*


La vendita della Casa d’Italia di Lucerna ha causato, giustamente, forti dissapori fra la comunità italiana della Svizzera centrale e il Governo di Roma. Infatti, una società immobiliare con sede nel cantone ha rilevato l’edificio. D’altra parte, non è la prima volta che la cessione di un bene immobiliare da parte dello Stato italiano susciti polemiche. Nel 2015 era stata contestata, a Locarno, l’asta per la locale Casa d’Italia.

Le autorità cittadine, che avrebbero voluto rilevare lo stabile, avevano chiesto a Roma, senza ottenere risposta, di sospendere la procedura e intavolare trattative private, ma poi erano state messe di fronte al fatto compiuto.

Per comprare l’immobile di Lucerna, rilevato da Roma nel 1939 e utilizzato anche come sede consolare, la Comunità della Svizzera centrale (Lucerna, Obvaldo, Nidvaldo e Uri) ha costituito la «Società Cooperativa Casa d’Italia».

Il prezzo di vendita era stato fissato a 3,39 milioni di franchi. Dopo vari scambi epistolari con il Consolato di Zurigo, con l’Ambasciatore a Berna e con il Ministero degli Esteri, alla «Cooperativa» fu suggerito per iscritto di presentare un’offerta alla Farnesina che sarebbe stata valutata.

E così il 26 settembre dell’anno scorso fu presentata un’offerta di 3.390.001 franchi, ma lo Stato italiano non l’ha nemmeno presa in considerazione.

L’offerta era stata accompagnata da una raccomandata al Consolato e alla Farnesina, contenente la garanzia finanziaria da parte della Banca dello Stato del Canton Lucerna e da una lettera nella quale veniva descritto il progetto d’uso dello stabile, che sarebbe dovuto diventare un punto d’incontro per promuovere la cultura italiana.

A quest’ultima missiva, stando alla Comunità, non hanno risposto né il Console, né l’Ambasciatore né la Farnesina. Il 7 dicembre, infine, è arrivata la doccia fredda: su un quotidiano è apparsa la notizia che la Casa d’Italia era stata venduta alla società «Poli Immobilien» di Meggen per 3,75 milioni di franchi.

La Comunità non ha partecipato all’asta, in quanto sperava che la sua offerta venisse presa in considerazione, come suggeritole dal Ministero degli Esteri.

Invece, nonostante i molteplici incontri, a vari livelli, e le raccomandazioni fatte dai parlamentari eletti all’estero, dai Comites, dal presidente delle ACLI e dallo stesso sindaco di Lucerna, affinché la casa fosse venduta alla «Cooperativa», il governo italiano ha fatto orecchie da mercante

Alla fine, la Farnesina dalla vendita dell’immobile demaniale ha incassato solo 360 mila franchi in più, partendo dal prezzo base dell’asta, ma ha cancellato improvvisamente 80 anni di storia di emigrazione italiana.

Per questo gli italiani di Lucerna si sentono beffati dal proprio Governo e in particolar modo dal Capo Missione a Berna e dal Console di Zurigo che non hanno dedicato le giuste attenzioni al caso. Si sarebbe potuto portare a casa un grande risultato, nell’interesse degli italiani che vivono oltre confine, invece sembrerebbe che abbiano remato contro.

La Comunità ricorda, inoltre, di aver contributo all’acquisto dell’immobile nel 1939 con 62 mila franchi e di averne spesi in seguito quasi 370 mila fra interessi e lavori di ristrutturazione.

Ora la Casa d’Italia è passata nelle mani di un nuovo proprietario , ma la Comunità ha lanciato un appello a chi fosse interessato ad aiutarla a trovare uno stabile, per creare un nuovo punto di incontro e di aggregazione, dove vivere gli eventi italiani, insieme alle loro feste nazionali.

In questo modo non dovrebbero ringraziare nessuno della sfera istituzionale e politica che si sono dimostrati non idonei a difendere gli interessi degli italiani a nord delle Alpi. Rimane, a questo punto, il rammarico per non essere riusciti a bloccare la vendita dell’immobile che rappresentava il simbolo delle origini culturali, linguistiche e storiche dell’emigrazione italiana nella Svizzera centrale.

Ippazio Calabrese

* consigliere esecutivo Com.It.Es Circoscrizione ZH

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